Epilessia

La parola epilessia deriva dal greco “epilepsìa” che significa: “impadronirsi di” o “prendere possesso di” e si può definire, con le parole del neurologo inglese H. Jackson (1870): “una scarica eccessiva e disordinata da parte del tessuto nervoso cerebrale sui muscoli” ; l’elettrofisiologia moderna non ha portato alcuna evidenza contraria a tale definizione. La scarica epilettica  può portare a un’improvvisa perdita di coscienza, a un’alterazione delle percezioni o a una disfunzione delle funzioni psichiche, a movimenti convulsivi (alternanza di contrazioni e rilasciamenti di gruppi muscolari), ad alterazioni delle sensibilità o a una varia combinazione di questi aspetti. Il termine  di “crisi” (epilettica), indica una sola  o l’ insieme di queste manifestazioni: si presenta improvvisamente e altrettanto improvvisamente termina; ha una durata molto breve, da 15-20-30 a 120 secondi in genere, è accompagnata quasi sempre da perdita di coscienza e, a seconda dei distretti cerebrali sede della scarica, può essere di tipo “convulsivo o motorio”, “sensitivo” o “psichico” o presentarsi in varia combinazione di questi aspetti.

Una sola crisi nella vita, non consente di porre la diagnosi di epilessia; la malattia è espressa dalla successione nel tempo di almeno due crisi e ciò consente di dar inizio a una terapia.

L’epilessia può esser di tipo “primario”, quando non se ne conoscono le cause non essendo stata trovata alcuna base anatomo-patologica e per le quali non vi è altra causa se no di tipo genetico.

La forma “secondaria”, può essere conseguenza di processi patologici ormai estinti, originati nel passato, di cui resta una cicatrice cerebrale ( malattie avvenute durante la vita intrauterina, alla nascita, per es. traumi da parto o nella prima infanzia) oppure per  tumori cerebrali, emorragie cerebrali ormai cicatrizzate o esiti di contusioni cerebrali o lesioni cerebrali di qualsivoglia natura.

Le crisi possono essere di vario tipo. Per semplicità possono essere schematizzate nel seguente modo: 1)   Crisi generalizzate ( bilaterali, simmetriche e senza inizio localizzato) sempre associate a perdita di coscienza   2) Crisi parziali (focali) a inizio locale , semplici (senza perdita di coscienza) o complesse (con perdita di coscienza):   motorie con origine nel lobo frontale, visive, uditive, olfattive, gustative, vertiginose, psichiche pure  3) Sindromi epilettiche particolari.

I principali strumenti di ausilio diagnostico sono l’elettroencefalogramma (EEG), praticato con o senza stimolazioni, e la Risonanza Magnetica Nucleare dell’encefalo (RMN), affettuata con o senza mezzo di contrasto.

La malattia, oggigiorno, è curabilissima ma è fondamentale, per l’ efficacia delle terapie adottate, la costanza nelle cure e il rispetto di alcune regole di vita. Le terapie sono sostanzialmente farmacologiche e comprendono numerosi tipi di farmaci, utilizzabili da soli o in varie combinazioni tra loro.

Dagli iniziali trattamenti con fenobarbitale (Gardenale, Luminale, a tuutt’oggi  adoperato con efficacia in numerosi casi), dintoina, clonazepam (Rivotril, anch’esso ancora molto utilizzato) , clobazam (Frisium) e altri, si è via via passati all’impiego di nuove molecole, quali carbamazepina (Tegretol),  valproato (Depakin), gabapentina (Neurontin), topiramato (Topamax), lamotrigina (Lamictal), levetiracetma (keppra), etc.

 

La durata delle cure farmacologiche è in genere condizionata da diversi fattori, quali la causa della malattia, la qualità della risposta ai farmaci, lo stile di vita, quello alimentare,etc; in ogni caso essa  dovrebbe protrarsi per non meno di cinque anni in assenza di crisi: la ricomparsa di una crisi determina la necessità di riallunagre i tempi del tatttamento. Oltre alle terapie farmacologiche, per i soggetti affetti da epilessia è opportuno seguire alcune regole di vita: è  bene che evitino l’assunzione di sostanze eccitanti (in primis caffeina e teina) e alcoolici,  che evitino, per quanto è possibile, uno stile di vita troopo ricco di stimoli stressanti e che osservino un riposo notturno adeguato, evitando di far spesso tardi la notte.

 

L’epilessia si associa di frequente a disturbi dell’umore, il più frequente dei quali è la depressione, nelle sue varie forme, con prevalenza di quelle distimiche; le alterazioni maniacali (Disturbo Bipolare), sono molto meno abituali. Più frequenti, invece, le psicosi vere e proprie (ictali, postictali, paraictali, alternative, da sospensione della terapia antiepilettica).